QUESTO CAPPELLO CON LA PENNA
IL NOSTRO CAPPELLO
Sapete cos’è un cappello alpino?
E’ il mio sudore che l’ha bagnato
e le lacrime che gli occhi piangevano
e tu dicevi: “nebbia schifa”.
Polvere di strade, sole di estati,
pioggia e fango di terre balorde,
gli hanno dato il colore.
Neve e vento e freddo di notti infinite,
pesi di zaini e sacchi,
colpi d’arma e impronte di sassi,
gli hanno dato la forma.
Un cappello così hanno messo
sulle croci dei morti,
sepolti nella terra scura,
lo hanno baciato i moribondi
come baciavano la mamma.
L’han tenuto come una bandiera.
Lo hanno portato sempre.
Insegna nel combattimento
e guanciale per le notti.
Vangelo per i giuramenti
e coppa per la sete.
Amore per il cuore
e canzone di dolore.
Per un Alpino il suo cappello è tutto.
(Da una lettera trovata su di un Alpino Caduto in Grecia)
Dire che “il cappello per un Alpino è tutto” non è altro che affermare la verità. Il cappello alpino è stato scolpito dal vento delle montagne; la penna è stata donata dalle fiere aquile o dai neri corvi; serve come coppa per bere; ripara dalla pioggia, dalla neve e dalla grandine; impedisce al sole di cuocerti la testa e ti fa camminare ad un palmo da terra quando la morosa gli amici ti vedono…
“Quante arie e quanta spocchia”, direte voi… ed il bello è che avete ragione.
Senz’altro ci sono copricapi molto più belli (per esempio quello dei nostri cugini bersaglieri), molto più militari, molto più comodi ma di fronte al suo cappello ogni alpino non si comporta più in maniera razionale: c’è un amore che nasce da dentro, indefinibile ed irragionevole che colpisce, in maniera totale.
Il cappello alpino è unico ma in realtà, dopo il congedo, ognuno lo personalizza come vuole e non gli importa un fico secco se qualcun altro storce la bocca.
Ce ne sono di grandi, di stretti, con la tesa larga; con le pacche vicino all’aquila o sulla sommità; con i gradi dorati per gli ufficiali; con gli stemmi delle Brigate, dei Reggimenti, dei Battaglioni; con l’aquila gialla o nera e talvolta qualcuno lo trasforma in una specie di berretto goliardico che, ammettiamo, toglie un po’ di dignità a ciò che esso rappresenta.
Non parliamo poi delle penne (attenti a non dire piume perché potrebbero essere guai!): diverse anche queste sia per lunghezza, che per larghezza, che per qualità e per chi non lo sapesse, alcune sono tagliate (vorrei dire scolpite) in modi particolari per rappresentare i campi fatti durante la naia.
Le penne degli ufficiali superiori sono bianche.
Certi acquistano il cappello nelle bancherelle per infiltrarsi nelle nostre adunate: ma credete che un Alpino non sappia riconoscere un vero cappello? Pensate sul serio che non si distinguano gli alpini falsi da quelli veri?
Chi lo ha inventato doveva senz’altro essere uno che aveva le montagne nel cuore e ha trasferito questa sua passione nel cappello alpino. Quando vedete un Alpino guardategli il cappello: avrete la fotografia della sua personalità.
Fonte: Un cammino lungo 70 Anni – Libro sulla storia del gruppo